Untitled design 12 1Con il termine cauda equina si fa riferimento all’insieme dei nervi spinali che si trovano nella parte inferiore della colonna vertebrale.
Questi possono crescere in modo anomalo in seguito ad un’ernia del disco particolarmente voluminosa a livello delle vertebre lombari L3 e L5, causandone un allungamento che dà loro la forma di una coda di cavallo, da cui prende il nome.

Quando la funzione naturale della cauda equina viene compromessa, generalmente si verifica una pressione sui nervi spinali, coinvolgendo il sistema simpatico e parasimpatico.

Può essere causata da:
- tumori spinali;
- traumi;
- fratture vertebrali osteoporotiche;
- stenosi lombare, causata da artrosi;
- malattie infiammatorie, come la malattia di Paget, che provoca stenosi del canale vertebrale.

In base alla zona in cui si presentano si distinguono in:
- cauda alta (o cono-cauda);
- cauda bassa.

I sintomi iniziali della sindrome della cauda equina sono:
- ritenzione urinaria (questo viene considerato il primo campanello d’allarme, riscontrato nel 70% dei casi);
- assenza bilaterale del riflesso patellare: verificato con il test del martelletto neurologico sul ginocchio;
- anestesia a sella: perdita della sensibilità della zona tra l’ano e i genitali.
- lombalgia severa: dolore nella parte bassa del rachide;
- debolezza degli arti inferiori.

Questa condizione è molto rara ed estremamente invalidante, per questo va trattata chirurgicamente nel minor tempo possibile, possibilmente entro le 48 ore dall’insorgenza dei primi sintomi. Se non operata tempestivamente, può portare a incontinenza sfinteriale (anale e\o vescicale) e paralisi degli arti inferiori permanente.

E' una condizione è difficile da diagnosticare, in quanto la sintomatologia può essere simile ad altre condizioni.
Per effettuare una diagnosi accurata della sindrome della cauda equina si ricorre a:
- risonanza magnetica;
- radiografia;
- mielo-TC.

La risonanza magnetica è l’esame più accurato: permette di identificare la lesione spinale, prendendo in considerazione il livello dei sintomi e la compresenza di deficit midollari.
La radiografia permette di identificare le lesioni e le fratture ossee; la mielo-TC, invece, viene utilizzata nei casi in cui non sia possibile effettuare una risonanza magnetica (ad esempio, nei pazienti portatori di pace-maker).
La diagnosi precoce, dunque, è la miglior prevenzione nei confronti di questa grave condizione.
L’intervento chirurgico è l’unica soluzione per questa patologia, che ha come obiettivo ultimo di ottenere la regressione della sintomatologia neurologica, il recupero delle funzioni vescicarie e intestinali.
Il trattamento che avviene entro 48 ore permette, inoltre, il recupero della funzionalità motoria: i pazienti trattati oltre questo tempo, possono necessitare di tempi di recupero della funzione vescicale più lungo, che può ripristinarsi completamente.
L’intervento consiste nel decomprimere le strutture nervosa con o senza l’ausilio di una artrodesi vertebrale per via posteriore.