trapianto di cuoreIl trapianto di cuore realizzato grazie a una donazione a cuore fermo, il primo in Italia in queste condizioni, apre "nuove opportunità" per i pazienti cardiopatici in attesa di un nuovo organo:  così il direttore del Centro nazionale trapianti, Massimo Cardillo, commenta l'intervento realizzato nei giorni scorsi all'Ospedale di Padova, dall'equipe del Centro di cardiochirurgia "Vincenzo Gallucci" diretto dal professor Gino Gerosa.

La donazione è avvenuta presso la Rianimazione dell'Ospedale "Ca' Foncello" di Treviso, diretta dal dottor Paolo Zanatta, con il coordinamento del Centro regionale trapianti del Veneto guidato dal dottor Giuseppe Feltrin.

"Attualmente abbiamo 600 pazienti in attesa per un trapianto di cuore e ogni anno si effettuano circa 250 interventi, con tempi di attesa in qualche caso lunghi e purtroppo, molti pazienti, non arrivano al trapianto", spiega Cardillo.

"E' importante utilizzare tutti gli organi disponibili dai donatori deceduti: l'intervento realizzato a Padova è sicuramente una nuova opportunità perché dimostra che siamo in grado di trapiantare anche i cuori di questi donatori e non solo fegato, reni e polmoni, come già avviene in Italia da molti anni". I trapianti di cuore di questo tipo vengono effettuati da tempo in altri paesi, nei quali però i tempi di osservazione dell'assenza di battito cardiaco nei donatori sono compresi tra i 5 e i 10 minuti, mentre in Italia la legislazione vigente richiede un'osservazione di almeno 20 minuti: un criterio molto rigoroso, posto a tutela dei donatori stessi, che però, finora, aveva impedito l'utilizzo del cuore in questo genere di donazioni. Un limite adesso superato grazie al grande lavoro di ricerca del Centro trapianti di Padova e ai progressi tecnologici nel campo della perfusione degli organi.

 

 DONAZIONE A CUORE FERMO: COS'E' E QUANDO AVVIENE

Perché si possa verificare la possibilità di prelevare organi a scopo di trapianto, il potenziale donatore deve essere deceduto. La morte di una persona può essere accertata con criteri neurologici (nota come “morte cerebrale”) e con criteri cardiaci.

Al di là della modalità con la quale viene accertata la morte di un individuo, è importante ribadire che la morte è unica e coincide con la totale e irreversibile cessazione di tutte le funzioni cerebrali. Infatti, per determinare la morte con criteri cardiologici occorre osservare un’assenza completa di battito cardiaco e di circolo per almeno il tempo necessario perché si abbia con certezza la necrosi encefalica tale da determinare la perdita irreversibile di tutte le funzioni encefaliche.

In Italia, la donazione a cuore fermo può avvenire solo dopo che un medico abbia certificato la morte mediante l’esecuzione di un elettrocardiogramma "piatto" protratto per un tempo di almeno 20 minuti (nella maggior parte degli altri Paesi in Europa e nel mondo questo tempo è di 5 minuti). Questo è considerato il tempo di anossia, trascorso il quale si considera vi è certamente una irreversibile perdita delle funzioni dell’encefalo e quindi la morte dell’individuo.

Una volta accertata la morte, il prelievo di organi da un donatore a cuore fermo a scopo di trapianto si presenta come una procedura complessa dal punto di vista organizzativo, a partire dal sistema di emergenza sanitaria territoriale e dalle équipes di medici e operatori sanitari coinvolti nelle diverse procedure.

Al pari della donazione di organi e tessuti su soggetti di cui è stata accertata la morte con criteri neurologici (cosiddetta "morte encefalica"), anche quella a cuore fermo è strettamente regolamentata dalla Legge 29 dicembre 1993 n. 578 e dal D.M. 11 aprile 2008 n. 136 che aggiorna il D.M. 22 agosto 1994 n. 582.

In Italia il programma di prelievo di organi da questi donatori è attivo dal 2007. Nel 2022 sono stati utilizzati gli organi di 131 donatori a cuore fermo, con un incremento dell'attività di oltre il 60% rispetto al 2021. I trapianti realizzati grazie a questi donatori sono stati 221.

 

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Fonte:  Ministero della Salute